Il film racconta la storia vera di Angelo Soliman, figura controversa dell’illuminismo viennese, divisa in 5 capitoli. Quando arriva dall’Africa in Europa, all’inizio del XVIII secolo, il protagonista è appena un bambino. Viene rapito dal suo paese natío e venduto a una contessa e, una volta battezzato con il nome di Angelo, é avviato a un esperimento educativo.
Crescendo, diventa un’attrazione dell’alta società viennese fino a quando il suo scandaloso matrimonio segreto con una ballerina viene scoperto. Alla sua morte verrà imbalsamato e messo in mostra in un museo come prova che con l’adeguata educazione, anche l’uomo più selvaggio può inserirsi e vivere all’interno della cosiddetta società “civile”.
Il film di Schleinzer offre un ritratto ipnotico di un uomo dalla quieta dignità, la cui stessa umanità viene negata da coloro che gli stanno intorno. Il regista offre una visione agghiacciante e allo stesso tempo asettica di una vita trattata come un divertente esperimento umano da tutti, tranne che dall’uomo che la vive. Fin dal primo scatto, dove osserviamo dall’alto un carico di schiavi africani che viene scaricato sulla costa europea, Schleinzer colloca la cinepresa consapevolmente a cavallo tra il rispettoso distacco e il freddo scrutinio scientifico. Inoltre, l’inaspettata e poco appariscente introduzione di elementi moderni come le luci al neon e i muri di cemento nel magazzino dove Angelo al suo arrivo è “esposto” insieme a dei coetanei per essere scelto dalla contessa rimuovono la comoda distanza offerta da tutto il broccato drappeggiato è dal legno brunito, costringendoci a riconoscere la risonanza attuale della storia.
Schleinzer, come il suo personaggio principale, utilizza il silenzio come strumento e arma. Angelo si rende infatti conto che non dire nulla é forse l’unica forma di ribellione che può permettersi di manifestare regolarmente. In particolare una scena è molto suggestiva: Angelo siede in abiti di corte di fronte a un altro uomo nero, molto probabilmente uno schiavo. Tra i due non viene scambiata una parola. La postura di Angelo sembra però tentare di respingere l’uomo, e tutto ciò che rappresenta, il più lontano possibile. Schleinzer, allo stesso modo, prolunga molte scene dopo che le fragili chiacchiere di corte si sono esaurite.
Nella sua carriera da attore, Angelo è inoltre reso complice dell’esotizzazione dell’Africa, raccontando dal palco storie sul suo continente d’origine, storie di fiumi bruciati e montagne in fiamme. Egli guarda, impassibile, mentre i cortigiani volteggiano con il viso dipinto di nero dopo una delle sue performance.
Ma la decisione di Angelo di prendere una donna bianca in sposa pone irrimediabilmente fine al suo periodo come membro favorito della corte asburgica. Egli viene “punito”, paradossalmente, con la libertà. Angelo si trova così completamente isolato, senza più alcun posto all’interno della società in cui è stato introdotto a forza, neanche quello di intrattenimento per i più privilegiati. Egli è stato spogliato della sua storia e della sua identità e costretto ad assimilare e adottare gli usi e costumi e le affettazioni di una società, solo per sentirsi rinfacciare che non farà mai veramente parte di quella società.
Nora Marcatto