Alzare la voce. Questo il messaggio, questa la richiesta: non stare zitti di fronte alle ingiustizie, combattere.
Shimu è una lavoratrice come tutte le altre, sfruttata come tutte le altre: per 5000 taka al mese, circa 50€, cuce magliette in una fabbrica in Bangladesh. 20cent all’ora, probabilmente meno, perché non le pagano gli straordinari. Il posto di lavoro è vergognoso, senza controlli di sicurezza o rispetto per i diritti dell’uomo.
Un giorno succede il peggio: a causa di un incendio muore una dipendente. Una collega, un’amica. Shimu viene contattata da un’attivista delle donne, che la informa riguardo ai suoi diritti come lavoratrice e la aiuta a formare un sindacato. Iniziano così i suoi problemi, nella lotta per una condizione di lavoro vivibile, che a noi sembra così scontata, ma che negli altri continenti bisogna richiedere con tenacia. Shimu si appella alla legge, utilizza la nonviolenza nonostante le minacce e il disprezzo del marito. Quando anche lo Stato, corrotto, le si metterà contro, quando anche la legge sembrerà non aiutarla più, allora utilizzerà la sua intelligenza per ottenere quello che le spetta.
In questo film si sente la forza, il coraggio di dire basta ad uno sfruttamento che viene messo in atto sotto i nostri occhi. Mentre l’Occidente vive nel suo paradiso esclusivo, nel resto del mondo gli uomini e le donne non hanno diritti, vengono trattati come bestie, come nullità.
Anche il sessismo di uno Stato come il Bangladesh viene messo alla luce: al marito bisogna ubbidire, la moglie non deve disonorarlo o rischia di finire per strada. Shimu non si fa mettere i piedi in testa, ha uno stipendio, manda avanti lei il matrimonio: non ha paura.
Made In Bangladesh ti porta lontano e ti fa indignare, ti fa arrabbiare. E ti fa sentire in colpa. Sì, perché le magliette che loro producono come schiave le indossiamo noi, cittadini dell’Occidente. Perché a chiedere i salari bassi sono le grandi multinazionali, che si arricchiscono con i nostri vergognosi acquisti.
Un film scomodo, un film potente. Un film straordinario.
Elisa Buglione-Ceresa