TIC, TAC, TIC. TIC, TAC, TIC. Le palline rimbalzano, alcune sui tavoli di gara, altre, più regolari, simili ad un metronomo, contro i muri bianchi.
C’è chi osserva, c’è chi già gareggia, frenetico, con veloci movimenti del polso; e c’è chi attende, allenandosi con avversari immaginari. Poi una voce chiama e l’avversario diventa reale: ora si tratta di tenere alto l’onore della propria scuola; in una parola, di vincere.
La tifoseria? Non certo cori da stadio; qui ci si limita a sussurrare incoraggiamenti ai propri compagni. Le poche parole che volano per la sala formano un discreto brusio, che si accompagna perfettamente al rumore cadenzato delle palline: TIC, TAC, TIC. TIC, TAC, TIC.
Un improvviso urlo lacera l’aria calma: non si trova un giocatore e sono in tre ad affannarsi sulle sue tracce. Il brusio cessa per un attimo, il pubblico è interdetto.
Poi, finalmente, lo scomparso riappare e la partita comincia.
Il pubblico, però, è ormai diminuito drasticamente. Ma sono rimasti presso i tavoli gli irriducibili, i pochi appassionati di uno sport tanto criticato. Infatti non sono mancate le lamentele: in tanti hanno chiesto perché proprio il tennis tavolo, e non il tennis, fosse tra le discipline elette.
Nel frattempo le partite si susseguono senza tregua, i giocatori si alternano. Nell’aria saettano i nomi delle diverse scuole e si riconosce l’accento di ogni regione nei “Qua!” e “Sono io!” appena gridati in risposta agli appelli degli arbitri.
Anche gli stili di gioco sono diversi: c’è chi gioca con colpi di mano temerari, chi stabilisce con l’avversario una lunga comunicazione muta in attesa di poter colpire, chi è evidentemente attento a mantenersi calmo per non sbagliare.
Una sola cosa accomuna tutti i giocatori del tennis tavolo, la stessa che ha accomunato tutti gli atleti che hanno partecipato alle Convittiadi e che è stata e sarà il filo conduttore di questa IV edizione. Il rispetto e lo spirito di competizione che permeano quest’ambiente come l’intera Bardonecchia.
Anna Aglietta
Chiara Murgia