Partire, lasciare, abbandonare. I cassetti si chiudono, gli armadi si svuotano e le valigie sono pronte. Il cuore batte con un nuovo ritmo per la sensazione di percepire più intensamente gli odori di un mondo che si sta per salutare, di assaporarne in modo diverso i gusti e di sentire un abbraccio più caldo degli amici che lasci. Gli ultimi momenti vissuti nel tuo ambiente con le persone care, sembrano diventare eterni. Poi si saluta. Ansiosi di conoscere una nuova realtà. Si piange nonostante l’eccitazione per la novità. Si piange perché si desidera rimanere ancora qualche istante. Si piange perché si ha paura di perdersi o di essere dimenticati. Si piange forse perché, in quel momento, inconsapevolmente, già si immagina il giorno del ritorno. I suoni quindi si perdono per la distanza fino a diventare impercettibili, gli occhi si sforzano per osservare gli ultimi particolari e la memoria si riempie di impronte incancellabili. Il viaggiatore perdona coloro che non sono riusciti a trattenerlo e sogna, desidera e vuole vivere nuove emozioni e nuove realtà. È tanto emozionato quanto inconsapevole delle sfide che dovrà affrontare e, insoddisfatto, cerca e cercherà sempre qualcosa. Ignorando le paure, non vuole più guardarsi indietro e si lancia nell’immensità dello sconosciuto. Percorrendo nuove strade con passi coraggiosi, alle prime difficoltà si gira e ripensa al passato. Il sorriso spontaneo per la novità si trasforma nel desiderio di sentire il sollievo del ritorno. Una condizione ben spiegata dallo scrittore Eraldo Affinati quando parla dei viaggi del cuore e si domanda: “ Sarà per questo che, quando parto, cerco sempre di trovare, innanzitutto, le ragioni del ritorno?” Ci si innamora infatti delle nuove emozioni e scoperte, ma i ricordi e la voglia di ritornare a casa non abbandonano mai il viaggiatore. Con il tempo si ha poi la strana sensazione di non appartenere più a nessun luogo preciso, i confini diventano illimitati, il proprio paese è troppo lontano. Ma, nonostante la sofferenza legata all’assenza di riferimenti stabili, si prova il piacere di sentirsi parte del mondo intero. Partire è quindi la voglia di abbracciare l’immenso mondo e il coraggio di lasciarsi ingoiare dalla propria libertà. Per molti è anche una soluzione silenziosa a molti litigi, una fuga consapevole o no che poi porta a problemi ancora più seri. Interrompere una fase per ricominciare è una scelta per voler diventare qualcosa di nuovo. Non si tratta soltanto di visitare e fare delle foto, il vero viaggiatore si ferma tutto il tempo necessario per conoscere ogni particolare e poi abbandonarlo solo quando è diventato parte di lui. Il viaggio è quindi percorrere una varietà di strade, trascinare sempre alcune incertezze e ritenersi fortunati ad ogni ostacolo superato. Ma è anche vivere con due parti in costante conflitto: quella che ripete nostalgiche parole al telefono e desidera abbracci impossibili e quella che non è ancora soddisfatta e cerca nuove esperienze. Colui che viaggia così impara e ricorda, sorride in un altro modo, osserva la realtà con occhi diversi, apprezza dettagli prima ignorati e conosce meglio se stesso. Viaggiare, insomma, come metafora della condizione umana. Le stazioni e gli aeroporti diventano emblemi di tale riflesso. Le vite dei viaggiatori si ripetono: ci sono quelli che arrivano e pretendono di restare, altri che partono,desiderando ritornare, alcuni sorridono e altri piangono perché l’ora di arrivo è anche quella della partenza. Gli stessi scrittori presentano i diversi significati di un viaggio, per Mario Soldati è un vizio, per José Saramago una delle facce della felicità, per Cvetan Todorov un cambiamento interiore, ma rimane per tutti sinonimo di libertà. E se è affascinante la libertà di poter immergersi in nuove realtà senza progetti, è ancor più bello poter tornare a casa quando si vuole. Capire la fragilità, nonostante il coraggio che gli occhi di chi viaggia hanno imparato a dimostrare, diventa una conseguenza quasi normale. Si celebra una conquista o si piange di nostalgia in silenzio. Si apprezzano i nuovi odori e i nuovi sapori ma si paragonano comunque inconsciamente sempre con quelli di casa. Finalmente si capisce che anche se si parte e si lascia una vita non si può mai andare via per sempre.
Talita Ferrantelli (3B)