Tutto l’oro è di breve durata

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TUTTO L’ORO È DI BREVE DURATA

 

La radura deserta. L’erba soffice. Sul ripido versante il bosco rigoglioso, ricco di rugiada, spezzato dal castano sentiero che dolcemente si muove. La strada sassosa e sottile scorre tra la collina e il torrente. Il torrente cammina deciso verso nord sommergendo le rocce sue compagne. L’acqua viaggia tinta di rosso. In quel colore la vita che scende alla foce. In quel colore sperduto la morte. In quel colore alla deriva la Luna in frantumi.

 

D’ORO DELLA NATURA IL CONIO È VERDE

 

Lo spiazzo erboso brulicava come un formicaio. Le persone si muovevano allegramente, felici di quel giorno di libertà dalle incombenze del proprio tran-tran quotidiano. Due ragazzi sui vent’anni, forse venticinque, guardavano il cielo. I loro nomi erano Melli e Ale. Ale amava Melli e Melli amava Ale.

Ale guardò Melli, che fissava pensierosa le nuvole che la sovrastavano, cercando di studiarne l’espressione.

– Non ti muovere.

Melli alzò un sopracciglio.

– Perché?

– Sei d’oro.

Alzò anche l’altro.

– Intendo dire che adesso il sole si riflette sui tuoi capelli e li rende d’oro, così sei diversa da tutti gli altri.

– Tutti siamo diversi.

– Quindi siamo tutti d’oro?

– Immagino di sì. Alla fine siamo tutti figli della stessa natura, quindi se sono d’oro io, sono d’oro tutti gli altri.

– E di quale natura saremo discendenti?

– Non so.

Distolse lo sguardo dal cielo e si girò verso Ale.

– Però sono contenta. Stare qui è come stare in Paradiso.

– Come fai a dirlo? Non ci sei mai stata, no?

– No, ma immagino. Siamo tutti nuovi al Paradiso.

 

SUA FOGLIA NOVELLA È UN FIORE

 

– Ecco, brava, immagina. Pensati tra cinque anni.

– Con te?

– E un figlio, magari.

– Magari, eh?

– Che stai pensando?

– Che la vita è una responsabilità più grande di noi.

– Donarne una è amore

– O masochismo.

– Una vita nuova è un fiore che sboccia.

– Mmm.

Melli chiuse gli occhi e Ale cominciò a chiedersi cosa aveva ottenuto da quella conversazione.

 

POI A FOGLIA SEGUE FOGLIA

 

Nel frattempo un uomo e un cane passeggiavano lungo il torrente.

L’uomo era alto, coi capelli grigi, ma non vecchio, vestiva un paio di pantaloni militari, lunghi fino alla caviglia, che da sotto il ginocchio sprofondavano in due stivali neri. Aveva una cintura di cuoio marrone e una maglietta bianca mezza stracciata con sopra scritto in nero il nome “Tommy”. Teneva in mano un guinzaglio di stoffa blu lungo circa due metri e mezzo, attaccato al collare di un grosso cane marrone. Il cane era l’unica cosa che quell’uomo aveva.

L’animale camminava sull’argine del torrente, senza badare al suo padrone, il quale era molto frustrato da questa indifferenza. Decise così di fare qualcosa per attirare l’attenzione della bestia. La prima cosa che gli venne in mente fu la seguente: per porsi al centro, l’uomo doveva dimostrare al proprio cane di essere Satana. Di conseguenza l’uomo cominciò a scagliare fulmini a destra e a sinistra, senza un particolare ordine. Il cane si spaventò a morte: tirò così forte che ruppe il guinzaglio, si tuffò nel torrente e iniziò a nuotare; ma la corrente era troppo forte e sbatacchiò l’animale contro una roccia che gli ruppe la zampa posteriore sinistra, così il cane non riuscì a tenersi a galla, e guaendo e gorgogliando si inabissò nell’acqua scura.

L’uomo, correndo lungo il torrente, pensava a salvare la bestia, ma quando si rese conto che non c’era più niente da fare, corse via sempre più veloce, urlando disperato e intensificando i fulmini, probabilmente senza accorgersene.

 

LA TINTA CHE PIÙ FACILMENTE PERDE

 

Melli aveva gli occhi chiusi e sentiva un gran tumulto intorno a sé, ma era in pace con se stessa, quindi non li riaprì, finché non sentì la mano di Ale tirarla per un braccio e darle uno strattone, allora fu costretta ad aprirsi al mondo. Intorno il caos regnava sovrano: fulmini dei colori più svariati cadevano vicino e la gente correva terrorizzata. Melli si alzò e prese a correre come tutti gli altri. Nel momento in cui si allontanò da Ale un fulmine lo colpì. Melli cacciò un urlo e si portò le mani alla bocca, ma quando vide che l’unico effetto apparente della saetta era stato un cambiamento di tinta si mise a ridere. Ale era diventato giallo, ma non solo la sua pelle, anche i suoi capelli, anche i suoi occhiali e i suoi vestiti. Melli ridacchiò.

– Ora sei tu a essere d’oro!

Appena lo disse Ale tornò com’era prima, tranne per gli occhi, che erano arancione. Guardò Melli e le disse qualcosa, ma le parole le arrivavano scritte: non le sentiva, ma le comparivano davanti agli occhi come frasi nere che sparivano troppo in fretta per essere lette. Quando Melli se ne rese conto le venne un colpo, però, visto che Ale le sorrideva e sembrava non realizzare questo strano fatto, la ragazza pensò alla sua immaginazione troppo fervida.

 

MA COSÌ PER POCHE ORE

 

Ale, sempre sorridendo, si chinò, prese un pugno di terra e lo lanciò a Melli, la quale gli rispose con gli interessi. Dopo circa dieci minuti entrambi i ragazzi avevano raggiunto un colorito piuttosto marrone, se non per gli occhi di Ale, che persistevano nel loro arancio.

Ale stava avendo la meglio, quindi Melli voltò le spalle al suo fidanzato e si mise a correre su per un sentiero. Ale la raggiunse, la prese per un braccio e cercò di buttarla a terra, ovviamente riuscendoci. Mentre cascava Melli si aggrappò alla maglia di Ale, tirandolo con sé. Per non rotolare lungo la collina lei piantò le unghie nel terreno e cercò di spostare Ale, che cadendo si era appoggiato con tutto il suo peso a lei, posandole i gomiti sulle spalle.

– Dai, Ale, levati! Non vedi che mi fai male?

 

COSì L’EDEN SFRONDÒ NELLA DOGLIA

 

Evidentemente no. Ale non si mosse. Si limitò a girare la testa verso il cielo, coprendolo interamente a Melli. Nell’azzurro lampeggiò una saetta color mandarino. Ale appoggio la propria fronte contro quella di Melli, fece una smorfia e chiuse gli occhi. Del sangue cominciò a colare da sotto i suoi capelli, portandosi via la sua volontà e il suo dolore, colando lungo le guance di Melli e sporcandole i capelli, scorrendo in rigagnoli verso il torrente.

– No. No. No. Ale, non morire! Ma togliti, mi stai soffocando!

 

COSÌ L’ALBA SCIALBA SCENDE ALLA GIORNATA

 

Lui non disse niente, ma pensò.

– Preferirei morire, piuttosto che ammazzarti.

Appena desiderò cadde inerte sul corpo di Melli, morto. Lei girò la testa e chiuse gli occhi per non vedere. Il mento di Ale le si appoggiò sotto l’angolo sinistro della bocca, e spinse la testa di Melli contro il terreno. Ma spinse troppo. Nella mente di Melli ci fu un rimbombo e un crack. Poi l’eterna incoscienza.

 

Lucia Pasini (1D)

 

 

Il maiuscolo traduce i versi di una poesia di R.Frost … il resto è ciò che i versi sprigionano nella fantasia (N.d.R)

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