Ultimo giorno australe

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Dicembre con l’ultimo giorno di scuola, la bella stagione e l’arrivo della mia famiglia in Nuova Zelanda ha portato con se anche il momento dei saluti -quelli che spero siano solo degli Arrivederci- degli abbracci e delle dediche. E così il quattro dicembre (giorno dell’atterraggio dei miei genitori e di mia sorella ad Auckland) mi sono ritrovata sul pullman: tra le mani una bandiera neozelandese con tante, troppe, scritte bianche da parte di quelli che avevano tenuto compagnia fin da luglio tutti i venerdì sera. “It’s been amazing getting to know you and hanging out with you: Youth Group, Matamata Pools!! Your so cute, funny and an awesome friend to have. Love you”, recitava quella di Miriam, una delle ragazze più popolari della scuola: bionda, carina e amica di tutti. Poi c’è Michaela, allegra e piena d’entusiasmo, che mi dice: “It has been so cool getting to know you! You are such an awesome chick and it was cool as that you come to Youth Group! I’m going to miss you HEAPS!” e anche Steph che, con il suo sorriso sempre sulle labbra, è rimasta particolarmente colpita dal cibo italiano: “I have really enjoyed getting to no you and have loved you at our Youth Group. Thanks for the mean feed!! We will all miss you soo much!”  E tante altre ancora facevano compagnia a queste. Una strana sensazione si era impossessata di me, perché anche se continuavo a negarlo, in fondo, sapevo che quella sarebbe stata l‘ultima volta: l’ultima volta che andavo allo Youth Group   – due parole che compaiono in quasi tutti i messaggi della mia bandiera-. Allora ripenso a quanto ero scettica quando un mio compagno di fisica mi invitò, definendolo: “Un gruppo di ragazzi che si trova in chiesa, tutti i venerdì sera” e aggiungendo, forse a causa della mia espressione: “E’ divertente!”. Bisogna ammetterlo, lo Youth Group -Gruppo Giovani- è una specie di gruppo parrocchiale, qualcosa che io non avevo mai fatto e che mai farò qui in Italia, ma allora ero dall’altra parte del mondo e tutto era diverso. Così non avendo niente da fare quella sera camminai fino alla chiesa: e vi assicuro che se ora me lo chiedessero un’altra volta, lo rifarei. All’inizio sono stata ad ascoltare e ho partecipato passivamente alle attività, in poche parole era come se stessi a guardare attraverso una finestra i kiwi che si divertivano, con la paura che uno dei leader da un momento all’altro mi chiedesse di che religione ero e di raccontargli qualcosa. Non è mai successo, non perché sono stata fortunata ma semplicemente perché per loro non era importante, eravamo ragazzi e volevamo divertirci, senza nessuna distinzione. Mi sono bastate poche volte per capirlo e per decidermi a bussare a quella finestra così che il Morrinsville Youth Group mi aprisse con tutto l’entusiasmo che aveva in corpo. In poco tempo è diventata come una seconda “host family” che mi accoglieva tutti i venerdì dalle sette alle dieci e con cui ho passato i momenti migliori di quest’esperienza: le movie nights, i bagni in piscina, le partite a pallavolo, i barbecue, i giochi di ruolo, i fuochi d’artificio ed il falò la notte del 5 Novembre. Ed è con loro che ho concluso la mia esperienza, i miei cinque mesi senza parlare italiano in quella terra piena dai mille soprannomi, di cui il mio preferito resterà sempre: L’ultima fermata del mondo. Il pullman su cui leggevo la mia bandiera, il quattro dicembre, mi stava, infatti, riportando dal tanto atteso Sport Camp, a cui ho partecipato con lo Youth Group, a quella che ormai consideravo “casa”, per cambiarmi e correre in aeroporto. E’ così che tutto è finito.

 

Sofia D’Angelo (4C)

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