Un invito a riflettere

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Natale.
Per molti sinonimo di regali, occasione per addobbare la casa con alberi di Natale appesantiti da palline colorate, luci e nastri; fare il classico presepe che da quest’anno non avrà più il bue e l’asinello per volontà di Ratzinger; Babbi Natale appesi fuori dai balconi, omini di marzapane, pupazzi di neve, candy canes ci alleggeriscono sempre il cuore e anche il portafoglio!
È un periodo di gioia e di felicità ma al contempo di tristezza e solitudine. La famiglia riunita, quella forzata voglia di passare la vigilia e il giorno di Natale con parenti dei quali sappiamo poco poiché assenti per tutto il resto dell’ anno, condividendo lo spirito festivo solo per quelle poche ore. “Natale con i tuoi, Capodanno con chi vuoi”; ma a volte ci si sente più soli in famiglia che quando si è con sconosciuti. Molti pensano che il Natale significhi essere buoni, generosi, disponibili, perennemente sorridenti per i giorni del 24/25 Dicembre. Non dovrebbe andare così.
Non bisognerebbe essere così solo uno o due giorni l’ anno. Dovremmo sentirci e comportarci come se ogni giorno fosse Natale. Fare beneficienza ai poveri tutto l’ anno e non giocare ai finti cristiani credenti che vanno in chiesa solo per l’occorrenza. Quando si è piccoli, l’atmosfera è così perfetta ma, crescendo, si rivela quasi raccapricciante. Un business che marcia trionfante sopra un sottile velo di ipocrita felicità adagiata sopra un secondo strato, fine, ostile e subdolo: fare soldi.
Vendere, vendere, vendere. Fare regali di Natale è diventato un qualcosa di forzato, di obbligatorio, di falso, circostanziale.
Il Natale è magico solo quando si è piccoli perché da grandi si scoprono tutti gli scheletri che nasconde nell’armadio, primo dei quali il consumismo.
Esatto: consumismo, proprio ciò che sta distruggendo la società odierna.
Il comprare senza averne un vero e proprio bisogno, lo spendere alla ricerca continua del benessere. In ogni parte del mondo (in particolare nei paesi più poveri) ci sono bambini e adulti che soffrono la fame, che darebbero qualsiasi cosa per avere una maglietta pulita e un pasto decente mentre noi ci lamentiamo se non troviamo l’iPhone 5 sotto l’albero. Un invito a riflettere sarebbe un inizio. Fermarsi e pensare. Cosa ci è successo? Come siamo arrivati a ciò? Come è morto il nostro vero spirito di amore, di fratellanza, l’essere felici di essere tutti riuniti con i propri cari per accantonare i problemi e lo stress quotidiano? È tutto morto, svanito, andato perduto. Ritrovarlo è l’unica via d’uscita da questo vortice che ci sta lentamente e dannosamente risucchiando. L’ingenuità dei bambini, la magia di quei film ormai secolari trasmessi da anni nel periodo di festa, la gioia, la pace, la serenità che almeno una volta l’anno ognuno merita di provare. Viverla con gli occhi ingenui di un bambino.

Claudia Vouk (4B) – Corrispondente dagli Stati Uniti

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