È chiaro a tutti, o quasi, che l’Italia ha raggiunto di nuovo il limite estremo di errori commettibili prima di essere espulsa definitivamente dall’UE. Stare in Europa è diventata un’impresa per noi italiani.
L’Europa, oggi, è come un’orchestra; ognuno, però, va per la sua strada: ogni musicista esegue alla perfezione il proprio spartito e non si cura minimamente del resto dell’orchestra. Si genera un caos, una crisi; è un rumore assordante che rende scontento il pubblico, il quale protesta, ma non viene ascoltato perché il caos è troppo forte, ed è allora che il direttore (che ama definirsi unione europea) interviene, accortosi della brutta figura del proprio concerto. L’UE, dunque, richiama i musicisti peggiori (tanto indisciplinati da farsi chiamare P.I.G.S) e li mette alle strette.
Ecco, l’Italia è uno dei P.I.G.S; insomma, sempre la stessa musica.
La Borsa italiana traballa, il PIL italiano traballa, addirittura il Governo, che faceva tanto lo spaccone, pure lui traballava ed è riuscito alla fine a cadere. Questi, ovviamente, sono tutti invitati al concerto dell’UE e in nome dell’Italia, per figurarsi almeno all’altezza degli altri stati (vedi Francia e Germania), hanno deciso coraggiosamente di indossare una scarpa tacco 50 miliardi di euro applicando una semplice manovra: si tagliano posti di lavoro, si nega la possibilità di aprire per diritto una qualsiasi attività lavorativa, costringendo i neolaureati ad una vita parassita a casa di mamma e papà (che invece non vedono l’ora, in tutti i sensi, di ottenere la pensione). Insomma, si intacca anche il regolare progresso materiale e spirituale della società.
È proprio vero allora ciò che si dice dietro le quinte del concerto UE: l’Italia ha davvero deciso di indossare un tacco 50 miliardi, buttando nel cesso, o magari in qualche discarica di Napoli, i tanto amato Stivale.
Peccato che anche questa volta l’Italia sia crollata, ottenendo solo un piano di emergenza per salvare i lavoratori italiani dal baratro, con conseguente stabilizzazione del PIL, della Borsa e dell’economia italiana in generale. Serve un piano che ci ricordi che il lavoro, almeno in Italia, ci spetta di diritto e solo dopo averlo ottenuto ci saranno dei doveri da rispettare per garantire una crescita economica stabile ed un erario italiano con cifre positive. Ogni lavoratore italiano sa meglio di qualunque altro ente governativo e istituzionale che di fatto ciò non sta avvenendo ed è per questo che l’Europa non può accettarci se non troviamo una soluzione.
Con l’ultima manovra finanziaria il Governo Italiano si è illuso di risanare il debito pubblico tagliando posti di lavoro, aumentando l’età pensionabile e riducendo, dunque, la possibilità per i giovani di dare frutto ai loro numerosi o meno anni di studio. Ora, ad un qualsivoglia cittadino tutto ciò sembrerebbe assurdo, in quanto non è applicando manovre anti-lavorative e anti-costituzionali (più che anti-crisi) che si può pensare di risanare l’erario, pretendendo anche di definirsi una Repubblica democratica.
Vero è, però, che quei poveretti dei parlamentari non potevano ragionare in maniera differente, in quanto sono la prova vivente del fatto che in Italia guadagna chi non lavora. In un contesto europeo, purtroppo, non sono però previste soluzioni del genere, infatti se una popolazione non lavora, i soldi smetteranno di piovere dal cielo. L’Italia si ritrova così con una disoccupazione del 20%, con un debito pubblico alle stelle, entrate infime, una frode fiscale che si riesce a calcolare ma non a fermare e un piano d’emergenza per il quale ora viene tolto momentaneamente anche il diritto all’elezione democratica di un Presidente del Consiglio perché bisogna fare in fretta. In compenso, in Italia si può parlare di casta dirigente che lavora due giorni alla settimana, in un anno si riunisce in Parlamento circa settanta volte, crea disegni di legge “ad personam” e partecipa molto volentieri ai talk-show ce si moltiplicano su RAI e Mediaset e che, sbeffeggiando l’articolo quattro della Costituzione Italiana, ha diritto al vitalizio dopo cinque anni da parlamentare e a uno stipendio di 3000 euro mensili dopo il primo giorno di lavoro come parlamentare. Della serie: in Italia la Costituzione e il popolo contano eccome!
L’articolo quattro è sulla bocca di migliaia di lavoratori italiani, ma questo, ovviamente, passa in secondo piano rispetto alla spettacolarizzazione dei Black Block a Roma, alla morte misteriosa di atleti o cantanti famosi, o ancora al fatto che l’Italia abbia vinto due a zero l’altra sera.
Bisogna svegliarsi. È difficile, è vero, pensare che una realtà complessa come l’UE possa davvero realizzare un concerto gradevole e positivo in un contesto come quello attuale. Ma bisogna prendere l’iniziativa, bisogna invitare ogni lavoratore, ogni cittadino a partecipare all’evento.
Attiviamoci tutti, rinnoviamo i musicisti, rinnoviamo gli strumenti e gli spartiti. Appassioniamoci insieme allo stile armonico ed equilibrato della democrazia, realizziamo tutti il sogno dell’Unione Europea che considera le proprie differenti realtà con ottica innovativa, facendo sì che ogni lavoratore possa trovare il proprio futuro in questa virtuosa orchestra.
Luigi Botta (3C)