30 agosto 2016. Sono passati 22 anni dall’abolizione dell’apartheid, ma poco è cambiato. Un gruppo di ragazze di colore della Pretoria Girls’ High si sente in dovere di protestare: nella loro scuola, ex istituto di eccellenza per ragazze esclusivamente bianche, le professoresse si lamentano della loro capigliatura Afro, considerata “disordinata” e “fonte di distrazione” in confronto ai capelli lisci, apparentemente più conformi alle regole dell’istituto.
La rimozione delle barriere legislative riguardanti la razza ha influito ben poco sulle enormi barriere culturali innalzatesi durante il regime dell’apartheid. Il Sudafrica, denominato anche “nazione arcobaleno” per la grande varietà culturale che ospita, si ritrova ancora oggi schiacciato dal pesante fardello di 20 anni fa. Il sistema scolastico è rimasto “biforcato”, con una visibile divisione tra scuole d’eccellenza a maggioranza bianca e scuole sovraffollate con standard qualitativamente bassi a maggioranza nera.
Secondo le statistiche, chi frequenta il primo tipo di scuola accede a lavori che permettono un guadagno annuo 40% più alto di chi invece frequenta il secondo tipo. Questo ormai datato sistema scolastico va quindi a riflettersi sul mondo del lavoro, rendendo l’emancipazione dei giovani sudafricani di colore ancora molto difficile. La società tristemente dà segno ancora oggi di non essere pronta ad una completa integrazione: sulle 11 lingue ufficiali del paese molte scuole permettono solamente l’inglese e l’afrikaans, gli episodi di razzismo sono frequenti e le cosiddette “scuole d’eccellenza” mantengono rette troppo alte per permettere alla gran parte della popolazione di accedervi.
Le città sono ancora molto divise tra quartieri bianchi e quartieri neri, visibilmente più poveri. Da quando ho iniziato la mia esperienza in Sudafrica, paese per me magnifico nonostante i grandi difetti, ho sempre vissuto in un sorta di “bolla”. La piccola cittadina dove ho scelto di passare i miei 6 mesi è una delle città più ricche e sicure della nazione. Frequento la Rhenish Girls’ High, liceo esclusivamente femminile che fa parte di quelle esclusive “scuole d’eccellenza”. Ho scoperto tuttavia che è uno dei licei che sta facendo più progressi nell’integrazione: questo mi rende molto grata. Fin dal primo giorno, a scuola come a casa, sono stata esposta a decine di culture diverse, tutte per me ugualmente interessanti: il braai Afrikaans, che consiste in un delizioso barbecue locale, la lingua iXishosa, la pappa di mais tipica delle popolazioni di colore rurali… É un paese variopinto, interessante. A Stellenbosch, cittadina di circa 86000 abitanti, non sono molti gli exchange student ad arrivare ogni anno, quindi la gentilezza e l’accoglienza nei miei confronti sono state fantastiche e sono in molti a raccontarmi interessanti storie riguardanti la condizione del paese.
Le diverse culture si fondono, si mischiano a creare un ambiente unico nel suo genere. Tutte queste culture tuttavia rendono il sentimento di appartenenza alla nazione molto debole: il Sudafrica ancora oggi non si sente una nazione, non si sente unito. Sarà difficile per questo variegato paese raggiungere un’unità e accettazione culturale, ma se il cambiamento parte dai piccoli gesti, forse accettare le capigliature afro nelle scuole sarebbe già un buon inizio.
Margherita Revellino, corrispondente dal Sudafrica