Una cascina contro le mafie

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cascina cacciaCascina Caccia è, tra i beni sequestrati alle mafie in Italia, il più grande e l’unico abitato. Peccato che molti non conoscano tante cose oltre a queste, sul suo conto. Ciò che forse i più ignorano è la sua triste storia.
L’ imponente proprietà, che domina dall’alto di una collina del Basso Canavese i paesi circostanti, fu infatti scelta negli anni ’60 come dimora dalla famiglia ‘ndranghetista dei Belfiore, mandata “al confino” grazie alla legge d’epoca fascista.
I nuovi arrivati, impostisi con la forza sui compaesani, allacciarono immediatamente i rapporti con altri mafiosi che avevano subito la loro stessa sorte, ricostruendo in piccolo la struttura dell’organizzazione criminale calabrese.
Ma in quegli anni a Torino operava il procuratore Bruno Caccia, tra i primi ad aver capito che le mafie non erano un problema solo del Sud. Uno degli oggetti delle sue indagini erano infatti gli stessi Belfiore, in particolare Domenico, il figlio maggiore. Dalla cascina, non a caso ribattezzata con il suo nome, nel mese di Giugno del 1983 partì l’ordine per l’uccisione del magistrato. Ad oggi non si conscono i nomi degli autori effettivi del delitto.
La proprietà, dopo varie peripezie giuridiche, venne confiscata e passò dapprima nelle mani del Gruppo Abele di Torino, che intendeva farci una dimora per famiglie bisognose, poi in quelle di Libera. Ora, dopo ingenti ristrutturazioni, necessarie dopo le devastazioni operate dai precedenti inquilini, è abitata dai volontari dell’associazione ACMOS, che se ne prendono cura e promuovono iniziative sul tema della legalità.
Grazie a questo, il 21 Ottobre 2013 (ben 30 anni dopo l’uccisione di Caccia), la classe 4°G del Convitto Nazionale Umberto I vi si è recata per saperne un po’ di più su un tema di grande attualità.
Eravamo già tutti a conoscenza della presenza delle mafie al Nord, alcuni di noi già seguivano le sentenza relative all’operazione “Minotauro”, ma la giornata trascorsa lì ci ha aperto gli occhi su molte questioni.
L’argomento principale del discorso riguardava, ovviamente, le infiltrazioni di organizzazioni criminali in Piemonte. La cosa che colpisce di più è come, in realtà, ben poca gente si accorga di questo pericoloso fenomeno. La volontaria che ci ha accolti ha raccontato – particolarmente indignata – di come i cittadini di S.Sebastiano Po quasi rimpiangano i vecchi proprietari, di quanto velocemente si siano dimenticati di aver vissuto a fianco di criminali.
Cascina Caccia (ex Belfiore, come alcuni continuano purtroppo a ricordarla) è tornata a vivere grazie al lavoro di Libera e dei volontari che ci vivono, ma c’è ancora chi la guarda con sospetto. Purtroppo c’è chi sottovaluta il bisogno di legalità del nostro paese: perchè ci sia davvero una forte volontà di sottrarsi al giogo della criminalità organizzata sono dovute morire molte persone, come quelle i cui nomi sono scritti sui finti faldoni ospiatati nella cantina di Cascina Caccia.
Quelli che rivestono i ruoli più alti della gerarchia politica ignorano (o fanno finta di ignorare) la reale portata di questo problema (“mafie al Nord? Ma quando mai?”); è quindi necessario che il “fare qualcosa” parta da tutti gli altri dal basso.
Una delle attività svolte nella mattinata riguardava appunto gli enti e le associazioni che contrastano le mafie: “Libera”, “Addio pizzo”, la Finanza, la Magistratura …
Purtroppo molti altri corpi statali non hanno goduto di altrettanta considerazione: è ormai chiaro quanto sia legato alle associazioni criminali, al punto da rendere spesso difficile capire dove finisca l’uno e inizi l’altro.
Da tutti sono invece state ricordate le scuole, che con l’istruzione allontanano molti ragazzi dalla strada e dalla malavita, facendoli sperare in un futuro migliore.
Infatti ciò che realmente va contro queste reti criminali è l’informazione: è questo il principale motivo per cui eravamo lì. Una soluzione concreta deve partire da noi, da tutti i cittadini che si uniscono, che imparano dal nemico, contrastando una rete con un’altra ancora più potente.

Beatrice Costa (4G)

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