Una coscienza fondata sul ricordo
Tempo e memoria s’inseguono da sempre, ognuno nel tentativo di prevalere sull’altro. I momenti , le emozioni, gli eventi passati sfuggono nel tempo scivolando fra le sottili dita della memoria. Eppure vogliamo ricordare. I ricordi formano l’esperienza, definiscono la persona, perderli equivarrebbe a perdere parte di noi stessi, a dimenticare come siamo diventati ciò che siamo. Per questo desideriamo aumentare la stretta della nostra memoria, la stretta che ci lega ai momenti passati. In questo intento vuole riuscire il “Giorno della Memoria”. Memoria con la M maiuscola perché non si tratta di quella limitata ad ogni individuo, ma di quella collettiva e per questo più importante e profonda: memoria che ricorda le radici di un gruppo, non solo del singolo, che accorcia le distanze fra passato e presente perché la società non dimentichi come è giunta ad essere ciò che è. La Shoah fa parte di una storia che si allontana sempre di più nel tempo, che ha sempre meno testimoni e rischia di svanire. Il 27 Gennaio 1945, l’apertura dei cancelli di Auschwitz rivelò al mondo gli orrori compiuti dal nazismo nei campi di concentramento, permettendo la conoscenza di una verità terrificante e quasi inaccettabile. Quello che apparve davanti agli occhi dei soldati che passavano sotto la scritta “Il lavoro rende liberi” sconvolse un mondo che si considerava moderno ed avanzato, mostrandogli una crudeltà che riusciva a stento ad immaginare. Eppure Primo Levi afferma: «Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario». L’orrore e lo stupore per lo sterminio sistematico, che nega l’incredibile variabilità della vita, basandosi su una teoria che vuole invece confermarla, era ed è tutt’ora la testimonianza di un crimine non solo contro ebrei, zingari, omosessuali, ma contro tutta l’umanità, che per questo ha il diritto e il dovere di conoscere, di dare motivo a tutte le generazioni di riflettere. Salire sul treno della memoria, aprire il diario di Anna Frank o ascoltare i racconti dei sopravvissuti non sono solo modi per ricordare, ma aiutano la società a scegliere di non rifiutare, ad accogliere e comprendere una verità tanto terribile quanto necessaria a formare una coscienza collettiva rafforzata dalla memoria.
Federica Baradello (3F)