Inutile, obsoleto, superato o addirittura morto. È stato definito in tanti modi, ma la sostanza non cambia: il liceo classico ha perso colpi. O almeno questa è l’accusa che viene rivolta all’indirizzo di studi più antico della scuola italiana e contro la quale scrittori, insegnanti e studenti si battono da anni. Una battaglia che vede in prima linea gli studenti e che quest’anno ha trovato espressione nella Notte Nazionale del Liceo Classico di venerdì 13 gennaio, a cui ha partecipato anche l’Umberto I. Un evento straordinario che ha riunito in una notte studenti di tutta Italia legati da uno stesso obiettivo: dimostrare che il liceo classico è un indirizzo di studi valido ancora oggi. Come? Attraverso conferenze, letture in lingua, esibizioni e ogni altra forma attraverso cui si possa esprimere il liceo classico. Protagoniste indiscusse della serata sono state – ovviamente – le tanto malfamate “lingue morte”, oggi considerate una reliquia del passato, un soprammobile impolverato che occupa spazio nel caleidoscopico bagaglio culturale contemporaneo. Il risultato? Un calo di iscrizioni sempre più consistente, una sfiducia contagiosa nei confronti delle discipline classiche che passa di generazione in generazione. Tutto nasce da un pregiudizio, ossia dall’errata convinzione che le discipline classiche non abbiano alcuna utilità nelle realtà lavorative del nuovo millennio e che quindi il liceo classico possa considerarsi un indirizzo di studi “obsoleto”. Viviamo nella società del progresso, siamo parte di un meccanismo in continua evoluzione che richiede un costante adattamento da parte dei lavoratori e che non sembra lasciare spazio a studi che non abbiano un fine pratico. Sembra quasi che l’unico modo per fare carriera oggi sia studiare informatica o cinese e che materie come filosofia, greco o latino costituiscano un traguardo lavorativo solo per pochi. È vero, saper tradurre un brano di Plutarco o di Cicerone non serve a gestire dati bancari, fare diagnosi o progettare case. Ma chi ha mai parlato di un impiego pratico del greco e del latino? Le discipline classiche offrono ai ragazzi competenze di tutt’altra natura. Si pensi al respiro culturale che portano con sé: le conoscenze acquisite con il loro studio sono un filtro attraverso cui guardare il presente ed interpretarlo, un ponte che unisce due realtà differenti ma profondamente legate fra loro. La cultura classica, infatti, non è che l’antica trama di valori e ideali che ha dato vita al nostro presente. In questo senso, studiare greco e latino significa prima di tutto conoscere le nostre radici e scoprire, attraverso gli autori, il mondo che ha dato vita alla nostra cultura. Uno degli aspetti più affascinanti è sicuramente quello della lingua: le lettere classiche permettono di “riscoprire” e di apprezzare la struttura, la forma e il suono dell’italiano. Basti pensare a tutti i costrutti latini che sono rimasti nella nostra lingua o alle parole che derivano dal greco e che conservano il suono e il significato originari. Studiare lettere classiche significa soprattutto ragionare. È soltanto attraverso il ragionamento e la riflessione che si riesce ad accedere ai testi e a farli propri. Si tratta di un percorso di riflessione e di crescita unico, guidato dalle grandi opere della letteratura classica e segnato dai valori e dagli ideali che ispirano l’uomo da oltre duemila anni. Amore, amicizia, dolore, coraggio, curiosità… chi meglio degli eroi omerici o dei grandi poeti latini può interpretarli? La letteratura greca e latina ci insegnano a conoscere e ad amare le diverse sfaccettature della figura umana, a riconoscerle in noi stessi e negli altri. Che cos’è il viaggio di Ulisse se non la metafora dell’esistenza umana, guidata dalle avversità e dagli imprevisti che ci riserba il destino? E l’Iliade, non parla forse di una battaglia che ogni uomo deve combattere nella propria vita? Il canto di Omero ha accompagnato generazioni di studenti in un viaggio senza tempo alla ricerca dell’uomo e della sua bellezza fatta di pregi e difetti. Il liceo classico ci offre la possibilità di imparare a guardare la nostra realtà con occhi diversi, con una coscienza del passato a cui ispirarsi per interpretare il presente e per guardare al futuro. L’attualità disarmante del liceo classico, quindi, sta proprio nella sua ricchezza formativa, nella capacità cioè di trasmettere ai ragazzi una flessibilità e un respiro culturale unici attraverso lo studio del mondo classico, due strumenti indispensabili per orientarsi nell’eclettico presente in cui viviamo. Certo, non è facile raggiungere un obiettivo così ambizioso. Chi sceglie degli studi classici accetta una sfida difficile e paga un prezzo alto, fatto di difficoltà, delusioni e fatica, ma ne trae enormi soddisfazioni, che vanno ben oltre la mera utilità pratica. Insomma, χαλεπὰ τὰ καλά, καλά τὰ χαλεπὰ. Le cose belle sono difficili, le cose difficili sono belle.
Elena Catalanotto