Una terra per due popoli

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1948: nasce lo stato di Israele, o meglio inizia la storia di Israele come paese unitario. Passeranno anni infatti prima che venga riconosciuto come tale anche solo da parte degli stati che lo circondano. Una storia che pur essendo recente si presenta alquanto complicata e spesso risulta difficile da comprendere a chi non l’abbia seguita da principio.

Israele nasce con l’idea di dare una patria ad un popolo segnato da secoli di diaspora: il ritorno in Palestina Terra Promessa dalla loro religione. Così quando l’ONU approvò la divisione del territorio e la costituzione di due stati, uno ebreo e uno arabo, l’esercito e le formazioni armate ebraiche danno il via alla colonizzazione, creando migliaia di profughi. Poco dopo l’ufficializzazione della nascita del nuovo stato, gli stati arabi circostanti muovono guerra contro Israele in difesa dei Palestinesi. È l’inizio della “guerra d’indipendenza”.

1949: dopo un anno di guerra Israele firma un armistizio prima con l’Egitto e poi con Libano, Giordania e Siria. Nonostante questo lo stato rafforzato, si sente circondato braccato, soffocato da stati che non vogliono riconoscere la sue indipendenza e rappresentano sempre una potenziale minaccia. Negli anni successivi gli Israeliani subiscono da parte dei Palestinesi rifugiati in Egitto e Giordania, numerosi attentati che causano altrettante vittime vittime.

1956: Israele, nel tentativo di porre fine agli attentati occupa il Sinai e la striscia di Gaza, entrando in guerra con l’Egitto. La situazione è aggravata dall’intervento di Francia e Gran Bretagna, che tentano di riprendere il controllo sulla compagnia del canale di Suez, da poco nazionalizzata dall’Egitto e dal suo nuovo leader Nasser. La situazione si risolve con il ritiro il ritiro di Israele dai territori occupati e il posizionamento di osservatori ONU lungo il confine.

1967: l’Egitto penetra nel Sinai, fino ad allora utilizzato come territorio cuscinetto e gli stati arabi rafforzano l’alleanza anti-israeliana. Israele, sentendosi sempre più soffocato dà inizio alla “guerra dei 6 giorni”, durante i quali occuperà il Sinai, la Cisgiordania e l’altopiano del Golan.

1973: Egitto e Siria tentano la riconquista a sorpresa durante il kippur, un’importante ricorrenza ebraica, ma vengono respinti. In seguito, grazie alle mediazioni internazionali si giunge al ritiro di Israele dal Sinai in cambio del riconoscimento di quest’ultimo da parte dell’Egitto.

1987: intanto il rancore palestinese cresce, incrementato dalla delusione per l’esito dell’intervento di Nasser, in cui molti avevano riposto fiducia considerandolo una delle ormai poche speranze per la formazione di uno stato palestinese, e dalla nascita del OLP “Organizzazione per la Liberazione della Palestina”. Le tensioni sfociano nello scoppio della prima Intifada, la rivolta popolare contro l’occupazione guidata da giovani e ragazzi. La generazione cresciuta nei campi profughi si ribella ai soldati lanciando pietre. Contemporaneamente numerosi attentati colpiscono Israele, causando un numero notevole di vittime.

1993: con gli accordi di Oslo si giunge finalmente ad una mediazione e oltre al riconoscimento reciproco, già raggiunto a Madrid due anni prima, si costituisce l’Autorità Nazionale Palestinese, soprattutto grazie a Yasser Arafat, Yitzhak Rabin e Shimon Peres che ricevettero il premio Nobel per la pace.

2000: nonostante il processo di pace avviato a Oslo scoppia la seconda Intifada. Pochi anni dopo si riaccendono per la terza volta i contrasti con il Libano.

27 dicembre 2008: i leader israeliani danno il via all’operazione contro Gaza “piombo fuso”. Precedentemente avevano ceduto la striscia all’ANP, mantenendola però sotto embargo e con la salita al potere del movimento estremista di Hamas, ebbe inizio il bombardamento, per quanto lieve, della regione sud di Israele. La vicinanza delle elezioni e la minaccia vivida e spaventosa nella mente degli israeliani degli attentati, hanno portato ad una reazione esagerata. La paura che vive nascosta in seno a questo popolo da secoli, non è riuscita a svanire nemmeno con il tanto desiderato ritorno nella propria terra. Anzi, ne è stata incrementata. Esempio più eclatante ne è il muro che divide il territorio dell’ANP da Israele. La barriera ideologica che separa due culture è divenuta materiale. La Palestina, quale luogo geografico sacro per tre differenti religioni e culture, ospita uno stato politico che potrebbe rappresentare il maggior simbolo di multiculturalità e invece è l’esempio per eccellenza di come l’uomo sia vittima delle divisioni sociali, culturali, religiose e politiche da lui stesso create. Quali parole migliori di quelle di Golda Mair per descrivere i sentimenti israeliani per questa guerra infinita: “Forse verrà un giorno in cui perdoneremo gli arabi per aver ucciso i nostri figli, ma sarà molto più difficile perdonarli per averci costretto ad uccidere i loro”.

Federica Baradello (2F)

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