“Papà” o “babbo”? Questo il dilemma di chi, nei cinque giorni di scambio con il Convitto di Prato si è sentito come un Amleto moderno speranzoso di trovare risposte. Oh, se sian più nobili le vocali aperte o quelle chiuse, la c aspirata e un forte utilizzo della teta greca!
Ai nostri compagni d’avventura toscani è bastato iniziare a parlare per sollevare questioni tipiche dell’uomo moderno, che si interroga ininterrottamente su cosa sia giusto e cosa sbagliato.
Personalmente credo che le divergenze linguistiche e non in cui ci si è imbattuti siano curiose e anche divertenti e che si tratti proprio del modo migliore per comprendere la vera finalità di uno scambio culturale: un faccia a faccia con una diversa realtà. D’altronde si è anche capito che non c’è bisogno di oltrepassare i confini nazionali per incontrarne una. Il mondo è paese, sì, ma fino ad un certo punto.
Cinque giorni, quarantatré ragazzi e tanta voglia di godersi un’esperienza nuova per tutti. Cinque giorni in cui, inevitabilmente, si è chiesto al proprio corrispondente di recitare la formula magica: “la CocaCola con la cannuccia corta corta”. Tipico, no?
Il punto è che cinque giorni di scambio sono anche cinque giorni di convivenza, per questo certe differenze non possono contare. Nella breve durata di questa convivenza si è imparato ad apprezzare una vivacità che a primo impatto si esitava a considerare sana; ci si è confrontati fino a capire, finalmente, che le diversità non sono che pareti, il perimetro della nostra vera esistenza. E ci rivelano uguali, anche se unici. Ogni parola come ogni silenzio colorava una tela inizialmente grigia, come il cielo artefice della pioggia dell’accoglienza e della neve del ritorno.
La verità è che, una volta arrivati in stazione, ci si e accorti di avere un bagaglio in più. Nonostante ci fosse chi tentava di nasconderlo, tutti sapevano che tra le tante valigie fosse presente anche un prezioso regalo, da rifinire e incartare in questa settimana di metà aprile; un regalo fragile e nuovo di zecca, un regalo che chiameremo “amicizia”.
Diana Ciobanu (IB)