È interessante il fatto che esistano luoghi in comune tra le persone, ma che ciascuna abbia una propria storia. Che si tratti di una piazza affollata, di un parco tranquillo o di un vicolo stretto, ogni angolo è intriso di narrazioni uniche e individuali.
Lo stesso principio si applica al pullman, in quanto mezzo pubblico, frequentato da individui di tutte le età, professioni e provenienze. Ogni giorno saliamo sul pullman senza prestare attenzione agli altri passeggeri, concentrati unicamente nel trovare un posto libero o nel riuscire a rimanere in piedi. Si suppone sia così per tutti. L’aspetto curioso è che, nonostante si incontrino le stesse persone ogni giorno, non si sappia nulla di loro. Anche se pare di conoscerle, rimangono degli sconosciuti. Tutti si incrociano senza mai interagire. Tutti si limitano a vivere la routine quotidiana, ma senza provare a uscire dagli schemi. Un fenomeno che, sebbene possa sembrare confortante per la sua familiarità, può portare anche a un senso di isolamento e distanza emotiva tra individui che condividono lo stesso spazio. Le relazioni rimangono prive di significato, limitate a scambi di cortesie superficiali, mentre i pensieri più profondi giacciono sotto una facciata di normalità.
Certo, socializzare in pullman non è essenziale. Potrebbe non interessare conoscere la storia di ogni singola persona incontrata. Il tempo trascorso a bordo viene spesso sfruttato per rilassarsi o per occuparsi di faccende personali, lavorative o di svago, che non è possibile gestire durante il resto della giornata. Interrompere qualcuno per socializzare può sembrare poco cortese o persino difficile.
Ma il paradosso è servito: decine di bocche che, nonostante l’occasione di aprirsi, scelgono il silenzio.
Giuliana Uligini