La situazione è molto tesa all’interno del Palazzetto dello Sport di Bardonecchia. Sono circa le dieci e mezza quando entrambe le fazioni si presentano a bordo campo. Si gioca ancora la partita precedente ma a loro interessa solo salutare le avversarie. Le ragazze chiacchierano tra di loro, si capisce l’appartenenza alla propria squadra solo grazie al colore delle magliette. Sono tutte molto cariche, pronte per affrontare questa sfida, rincorrendo il primo posto. Ultimi sguardi tra tutte, qualche cenno d’intesa, un buona fortuna gridato all’ultimo. Gli allenatori, prima di sedersi sulle rispettive panchine, si stringono la mano. Le due squadre si schierano ognuna nel proprio campo, iniziando il riscaldamento. Chi aiuta le compagne con lo stretching, altre provano qualche palleggio.C’è anche chi prova una potente battuta, forse per far vedere di cosa si è capaci. Le altre si allenano, spiando e cercando di capire la potenza delle avversarie. Il tutto è molto serio, quasi professionale, nella massima concentrazione. Il capitano raduna la squadra, ripassando gli ultimi schemi, incoraggiando le proprie compagne di squadra, provando il classico “urlo” di squadra. Quest’oggi, Torino contro Napoli. Era la partita che nessuna delle due squadre voleva affrontare. Perché il Convitto del Napoli, durante la partita contro la Roma, aveva fatto il tifo contro la capitale. I napoletani hanno da subito preso le nostre parti, facendo parte integrante del cuore dei sostenitori torinesi. Anzi, quasi urlavano, esultavano più di noi, incitando la squadra continuamente. Questo mi ha molto colpito poiché non è da tutti tifare una squadra che potenzialmente potrebbe essere tua rivale, anzi potrebbe definire la tua uscita dal girone, segnata da una sconfitta. Il Convitto di Napoli, fortunatamente per noi aggiungerei, ha scelto di non seguire questa strada, preferendo divertirsi e inoltre, aiutandoci con gli incoraggiamenti. Il tifo era stato caratterizzato, comunque, da continui scontri, continui battibecchi verbali tra le due fazioni in gioco. Era diventata una questione personale tra il tifo romano e quello napoletano, quasi escludendo il nostro torinese.
Nessuno voleva questa partita. Questa volta l’esempio del fair play viene direttamente dai rispettivi tifi: un coro di incoraggiamento viene dai napoletani verso i torinesi e viceversa. Molto bello come, seppur rivali in corsa per lo stesso titolo, tutti hanno saputo mettere da parte la competitività a favore della sportività, poiché spesso le due cose vengono considerate l’una indipendente dall’altra. È stato in ogni caso un bellissimo episodio che quasi ha cancellato la aspra rivalità della combattuta partita precedente.
Nonostante l’amicizia che ognuna delle due squadre portava all’altra e l’assoluto rispetto per l’avversario, e c’è da dire che tutte le sfide sportive dovrebbero essere disputate in questo modo, le due squadre hanno giocato per vincere, mettendo tutta la grinta di cui erano capaci. La partita è iniziata con il classico saluto reciproco delle due squadre, seguito dalle acclamazioni dei tifosi, mentre la stretta di mana sotto rete è stata, diversamente da altre volte, più vera ed amichevole anziché segnata dalla convenzione e dalla serietà. Durante la partita le due fazioni tifanti erano quasi ammutolite, non si è sentito nessun coro offensivo o che minava all’orgoglio reciproco.
Per incoraggiamento si sentivano, scanditi, i nomi di Torino e Napoli, cercando di sovrastare le grida che venivano delle ambedue panchine.
Il risultato è stato combattuto, la vittoria cercata da entrambe, la partita giocata fino in fondo. Il Torino ha vinto. Ma grazie a questo esempio di amicizia nata direttamente sul campo è come se, in realtà, la vittoria fosse stata divisa in due.
Chiara Carrera