Viaggia che ti passa!

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Viaggia che ti passa… E con tutta quella fauna! Vedessi che ispirazioni!”1 Frase singolare, no? Se poi si pensa che non si riferisce ad uno zoo o ad un giardino zoologico o cose simili, l’affermazione suona ancora più strana. Non trovate? Avete provato a darne una vostra interpretazione? Vi fornisco un aiuto: è stata detta a una persona che non vive a Torino, ma ci studia – a me, tanto per precisare. Ancora nessuna idea? Allora vi svelo il mistero: si parla dei pendolari, della gente che usufruisce regolarmente di quegli strani mezzi di trasporto chiamati “treni”. Sono una razza tutt’altro che in via d’estinzione, questi pendolari. In questo mondo in continuo movimento, sono infatti in continuo aumento. Sempre di più la gente si trasferisce in zone calme per tenersi lontana dallo stress cittadino. E’ un dato di fatto: dopo l’inurbamento per i crescenti impieghi, è stato inevitabile il passaggio inverso, la gente ha bisogno di calma per rilassarsi. O semplicemente per non pensare troppo. O per pensare di più! Insomma, i motivi per abitare fuori dalle grandi città, e come Torino anche le altre, sono disparati. Ciò non toglie che comunque essere pendolare continui a non essere una cosa molto semplice … Stare dietro a orari, binari, stazioni, coincidenze … Insomma, se non è stress questo, che cos’è? Uno fugge dal tran tran frenetico per poi ritrovarsi in qualcosa che possibilmente è ancora peggio. Perfetto, vero? Quello che ci voleva. E come pendolare, non posso far altro che confermare questa teoria: la vita da pendolare è decisamente impegnativa, oltre che faticosa ed è tutt’altro che rilassante! Questi treni fanno notizia, senza dubbio. E non credo che nessuno abbia mai aperto un quotidiano senza sentire qualche lamentela a proposito di ritardi, pulci, zecche, influenze dilaganti … E le opzioni per risolvere tutti questi problemi, meriterebbero un premio per l’inventiva e l’originalità, sul serio. Si sentono dovunque frasi ispirate da una saggezza mistica. Da un intelletto sopraffino che produce idee solo ed esclusivamente geniali. E dandosi ragione e appoggiandosi, l’Italia dei cervelli dei pendolari, si contraddice ogni due per tre. Treno in ritardo? E’ perchè se le ferrovie fossero privatizzate funzionerebbero meglio! Treni sporchi? Ma se lo Stato non immette fondi, è ovvio che lo siano! Treni soppressi? Oh, ma ci sarebbero sempre tutti se fossero gestiti da privati. E si potrebbe continuare così all’infinito. Basta, però, guardarli in faccia per capire che, i pendolari, vorrebbero semplicemente essere agevolati nei loro spostamenti. In realtà non gliene importa molto che le ferrovie siano “dello Stato” o “del Privato”. Chiedono solo che funzionino. Davvero, però! Siano di Tizio o di Caio poco importa, si chiede solo a gran voce che siano decorosamente vivibili. Che non si viaggi per scommessa ogni giorno a qualsiasi ora. Che si possa comunicare a chi aspetta un’ora certa e non una stima, come di solito invece capita. Che siano funzionanti e che non lascino a piedi in stazioni nemmeno previste dalla tratta. Sembrano quasi richieste al limite dell’ovvietà. Non nel Paese, il nostro, che conta –quasi – il maggior numero di ritardi al giorno su strada ferrata. Insomma, da noi, per il momento, le Ferrovie non hanno ancora fatto il gesto di chiedere scusa ufficialmente al popolo viaggiatore per tutti i ritardi accumulati. E fa quasi ridere la notizia di pochi giorni fa a proposito del Ministro dei Trasporti giapponese. Perché? Perché lui ha chiesto scusa ufficialmente per il ritardo accumulato da tutti i treni in un anno. A quanto ammonta la cifra per cui con vergogna si chiede perdono? 3 minuti. Non ridete. Davvero. Il ministro giapponese ha chiesto pubblicamente scusa per questo incredibile ritardo. Ed è incredibile sì. 3 minuti in un intero anno. Se si pensa che ogni treno italiano viaggia in media con, quasi costantemente, cinque minuti di ritardo e si fa un confronto… Verrebbe da chiedere scusa a me per il ritardo, a questo punto indecente, accumulato in un anno da tutti i treni italiani. Ed è questo quello a cui deve far fronte un pendolare ogni giorno. E le lamentele in proposito si sprecano. Le soluzioni anche, in effetti. E sono la cosa più divertente. E’ per questo che anche senza l’iPod nelle orecchie il viaggio Torino-Cuneo mi pare passare velocemente, per quanto assurdamente lungo. E’ ascoltare e osservare che in un viaggio in treno fa la differenza. Se ne vedono di tutti i colori. E sono i pendolari quelli che si “fanno osservare” più volentieri. Nel senso che sono continua fonte di meraviglia per chi li osserva e tenta di studiarli. Una “razza” strana, non c’è che dire. Considerano il treno come il loro amico-confidente. Affidano alla sua struttura racconti di vita che, se possibile, avrebbero celato gelosamente per sempre. Il treno è la loro seconda casa. C’è chi scrive, chi mangia, chi parla, chi legge, chi dorme … Effettivamente c’è chi, sul treno, passa molto più tempo che non, per esempio, nella cucina di casa propria. Ed è tipico della nostra società del XXI secolo. Sempre in movimento. Sempre di corsa. Sempre ansiosi. E quasi sempre in ritardo, rispetto alla vita, quando ci si affida ai treni. Che dire, allora? L’homo pendolarius, in fondo in fondo, è una specie affascinante e, indubbiamente, da studiare in modo approfondito. La specie dei trenii, invece, è da capire e riformare profondamente. E suona particolarmente strano, affermato da una pendolare, per di più figlia di ferrovieri. Ma, insomma, con tutta “questa fauna”, che cosa si pretende?

Veronica Sgobio (5B)

1 E’ proprio il caso di dirlo. Ipse dixit, professor Pizzala: sagge parole!

 

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