Vita da “Favola”? No, grazie.

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Ammettiamolo, quando sentiamo la parola favola la prima cosa che ci viene in mente sono i cartoni animati della Walt Disney con il classico finale alla “tutti vissero felici e contenti”, ma questa non è la realtà. ”Ovvio!”direte voi, ma vi siete mai chiesti cosa scrissero realmente i fratelli Grimm o Andersen di Biancaneve, Cenerentola, della Sirenetta o di Belle?

I miti della nostra infanzia sono in realtà storie con un fondo definibile, macabro o deprimente, proprio per questo la Disney ha modificato i finali originali con quelli ben più noti e felici. Ma quali sono le vere conclusioni di queste favole?

 Tanto per iniziare Cenerentola può essere considerato quasi come un racconto horror:  le sorellastre per riuscire a calzare le scarpette d’oro (erano d’oro e non di cristallo) si sono amputate una un alluce e l’altra un tallone. Ma non finisce qui! Infatti durante le nozze a quelle due poverette vengono cavati gli occhi da delle colombe (i famosi simboli della “pace”) come punizione per aver cercato di entrare nelle grazie di Cenerentola.

Continuando su questa scia Biancaneve non si sveglia grazie “al bacio del vero amore” bensì riprende conoscenza perché i servitori, che avevano l’incarico di trasportarla fino al castello, fanno cadere la bara e lei, accidentalmente –o meglio, inspiegabilmente-, sputa la mela e si sveglia, cosa molto poco romantica!

Il meglio (o forse il peggio) di questa storia è che la matrigna è costretta ad indossare delle scarpe di ferro incandescenti e a danzare tutta la sera dei festeggiamenti con queste ai piedi fino a che non cade a terra priva di vita. Altro che finale allegro!

Le storie più tristi in realtà sono, però, quelle de La Sirenetta e de La Bella e la Bestia, in cui entrambe decedono. La prima si trasforma in schiuma dopo che il “caro” principe sposa un’altra e la seconda si fa uccidere per spezzare l’incantesimo della Bestia.

In conclusione i grandi classici che ci hanno fatto sognare ad occhi aperti sono storie tragicamente tristi. Quindi dovremmo ringraziare Walt Disney per avercele fatte conoscere in modo diverso, altrimenti altro che ‘’…I sogni son desideri …’’, a quest’ora  diremmo ‘’…I sogni son incubi…’’ e preferiremmo guardare documentari del National Geographic, invece di fantasticare con le grandi storie d’amore tra principi azzurri e principesse un po’ sfigate (perché gliene succedono proprio di tutti i colori!).

Carlotta Monge (3C)

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