Oggi si sente tanto parlare di giovani vuoti, privi di ideali, soggiogati dai mass media. Ed in parte purtroppo è vero. Alle ideologie del secolo scorso hanno fatto seguito, nel nostro tempo, un relativismo che permea ogni aspetto della vita e, soprattutto, la mancanza di punti di riferimento, di persone che possano fungere da genuino modello di vita. Quale adolescente sarebbe oggi pronto a dare la vita per ciò in cui crede fermamente? Pochi.
Ecco perché Rolando Rivi può essere un buon modello per tutti noi, credenti e non. Nato nel ’31 in provincia di Reggio Emilia, all’età di undici anni entrò in seminario, indossando la talare. Quattro anni dopo, mentre imperversava la Seconda Guerra Mondiale, dovette rientrare a casa, ma continuò a vestire “la sua divisa con orgoglio. Non si vergognava della sua piccola talare. Ne era fiero” ha affermato il Card. Amato. Continuò con coraggio il suo cammino, sebbene in quel tempo, nel cosiddetto Triangolo della morte, fosse molto diffuso l’odio anticlericale ed anticattolico.
In questo clima di giustizia sommaria alcuni partigiani rossi, i più radicali, non esitarono ad uccidere migliaia di persone, fra cui anche molti sacerdoti. Fu così che toccò anche a quel seminarista quattordicenne di nome Rolando Rivi: il 10 Aprile ’45 fu rapito da un gruppo di partigiani comunisti. Ai genitori una riga: “Non cercatelo. Viene un attimo con noi partigiani”. Dopo tre giorni di torture, di preghiere, i suoi aguzzini, privi di alcuna pietà, finirono la sua passione con un colpo di pistola, dicendo: “Domani avremo un prete in meno”. 13 Aprile 1945. Monchio. Emilia. Il corpo fu ritrovato dal padre e al piccolo Rivi furono date esequie cattoliche. L’epitaffio sulla sua epigrafe recitava: “Vivi nella luce e nella pace di Cristo, tu che dalle tenebre e dall’odio fosti spento”.
Per molti anni, troppi, l’eroica morte del piccolo seminarista emiliano e di molte altre vittime è stata un tabù: non si poteva stendere alcuna ombra di dubbio sulle Radiose Giornate della Resistenza comunista. Gli aguzzini, condannati a ventidue anni di omicidio, ne scontarono sei per l’Amnistia Togliatti e, ancora nel ’90, chi tentò di rispondere al comprensibile appello di alcuni familiari delle vittime, che chiedevano degna sepoltura ai propri morti, fu contestato duramente.
Il 28 marzo di quest’anno Papa Francesco ha dichiarato ufficialmente, dopo le dovute procedure canoniche, che l’omicidio di Rolando Rivi fu perpetrato “in odium fidei”, riconoscendone così il martirio. Pochi giorni fa, lo scorso 5 ottobre, a Modena il Card. Amato, delegato papale, lo ha proclamato beato.
Volevano un prete in meno: hanno avuto un santo in più.
Valerio Pace (5D)