Uscire dall’ aeroporto di Delhi per una giovane teen-ager italiana come me è senza dubbio un’ esperienza che coinvolge tutti i campi sensoriali: odori, colori e stili di vita così differenti da quelli occidentali che affrontare il primo impatto in maniera distaccata è pressoché impossibile.
Entrati in città, le strade ci accolgono roventi, e completamente ricoperte da terra e polvere. I clacson sono rimbombanti allo sfinimento, la gente è ovunque, occhi indiscreti ci osservano continuamente e il brusio dei mercati si sente perennemente. A dispetto di tutto questo ciò che non abbandona mai questi rumorosi luoghi è la vitalità presente nell’aria, nonostante la povertà e la consapevolezza di colossali differenze economiche.
Delhi è ricca di prati e giardini, moltissime zone verdi da poter ammirare con stupore per noi provenienti da città fatte ormai quasi completamente d’ asfalto. Quando m’ inoltravo perdendomi in questa grande metropoli, in cui vi sono circa 20 milioni d’ abitanti, avevo perennemente la gioia nel cuore, grazie ai caldi colori indossati dalle donne, al continuo sorriso stampato sulla faccia di ogni singolo passante, e a ogni persona che mi circondava. Dai bambini ai più anziani.
Nonostante il numero elevato di abitanti non ho percepito sovraffollamenti pedonali: anche se era molto problematico il traffico per le strade.
La città è suddivisa in due grandi zone, la vecchia e la nuova Delhi, separate dal Forte Rosso; questo è stato costruito nel 1639 e si trova all’estremità orientale della città. Dopo la sua costruzione l’aspetto venne modificato per via della poca somiglianza con il Forte di Salimamgarh, il forte costruito precedentemente accanto al quale era stato poi eretto quello Rosso. Il palazzo aveva funzione di fortezza, in seguito alla sua costruzione, sempre per far si che assomigliasse il più possibile al forte di Salimamgarh, vennero modificate e aggiunte parecchie parti che oggi possiamo ammirare. Le più importanti modifiche vennero iniziate nel 1638 e vennero completate nel 1648. Il Forte venne usato soprattutto come casa cantoniera, ed anche dopo la conquista dell’indipendenza buona parte del Forte rimase sotto il controllo dell’esercito fino al 2003. Inoltre questo forte ha il compito di dividere le due distinte parti della città.
Nonostante la povertà presente in ogni angolo di questa metropoli, la differenza tra le due zone si nota facilmente. Nella vecchia Delhi c’è molta folla, resa ancora più evidente dalle strade piccole, strette e buie: vi è un susseguirsi di negozi di prodotti naturali, la cui ampiezza è di circa tre o quattro metri quadrati: la città vecchia è molto meno occidentalizzata rispetto a Nuova Delhi nella quale sono presenti circa 15 centri commerciali, luna park e molti altri esercizi chiaramente figli della globalizzazione.
Vi sono inoltre mercati stupendi, pieni di ogni cosa, sciarpe (che metterebbero in difficoltà chiunque sulla scelta dei colori), statuette, braccialetti, orecchini, tutto molto colorato e luccicante, sembrano essere lì a testimoniare come la città non possa fare a meno dell’ allegria.
Mi è rimasto molto impresso anche il tempio del loto. Un tempio appunto con la forma di un fiore di loto dalle dimensioni enormi, costruito sopra a una grande piscina suddivisa in frammenti, che simboleggia l’ acqua sulla quale galleggia il fiore. Ciò che mi ha colpito di più però è all’interno di questa grande struttura sono alcune panchine sulle quali sedersi per stare in silenzio a meditare. Il che differisce molto dall’ Italia, dove solitamente i luoghi di culto e di preghiera sono ricchi di dipinti, affreschi e tutta una serie di caratteristiche che fanno in modo di dargli un aspetto decoroso e importante. Un’ altra cosa che mi ha stupito è la presenza degli animali per noi difficili da vedere anche nei posti più nascosti, là sono presenti in ogni angolo della città. Dalle mucche, alle capre, dagli elefanti alle scimmie.
Quando sono tornata in Italia ho riflettuto su quali aspetti dell’India ho avuto più difficoltà ad adattarmi.
Alla partenza ero convinta di non riuscire a sopportare le numerose differenze di vita quotidiana, invece dopo poco tempo in famiglia mi sono resa conto che tutto ciò che riguarda questo aspetto è molto superficiale. La vera difficoltà sta nel capire la loro cultura, il loro pensiero e soprattutto cercare di vederti con i loro occhi.
Comunque Nuova Delhi mi rimarrà sempre nel cuore, e ogni volta che mi capiterà di pensarla anche io avrò lo stesso sorriso che avevano i passanti, e lo stesso sguardo con cui loro guardano la vita.
Martina Zucchi (2B)