Uscito nelle sale italiane il 14 dicembre con il titolo “la ruota delle meraviglie”, Wonder Wheel è l’ultimo lungometraggio scritto e diretto da Woody Allen. Sulla scena un fresco e giovanile Justin Timberlake veste i panni di un bagnino romantico, narratore per tutto il corso della storia.
Lo accompagnano Jim Belushi nelle vesti di Humpty, un uomo facilmente irritabile e rozzo e Kate Winslet nel ruolo della malinconica Ginny, ex attrice che si ritrova a servire i tavoli nella pittoresca Coney Island.
Lo stile anni ‘50 si accompagna perfettamente con il racconto di sogni irrealizzabili e paure che domina durante tutto il corso della narrazione. Anche il gioco di luci che si viene a creare grazie alla ruota che fa da sfondo trasmette una tensione contrapposta alla spensieratezza dei bagnanti, ignoti del momento di fragilità che stanno vivendo i personaggi principali. I colori di questa, infatti, cambiano “casualmente” in base alla situazione, tanto da far trasparire ogni singola sensazione. L’illuminazione è di Vittorio Storaro, che aveva già collaborato con Allen nel film “Caffè Society” del 2016.
Il titolo è in evidente contrapposizione con la storia. Questo è allegro, indica spensieratezza e fiducia nel futuro, ma i personaggi non raccontano lo stesso: la ruota che gira è in realtà quella del destino, che porta solo sconforto e amarezza. La vita infatti, non solo è una continua delusione, ma nasconde anche una verità difficile da cogliere alla prima visione. Fa in fretta a scomparire, tanto è vero che Ginny se ne accorge fin da subito e il timore della vecchiaia invade all’improvviso la sua vita.
Gli adulti hanno già i loro problemi da risolvere nella ridente Coney Island, ma ovviamente non basta. Ci si aggiunge il figlio Richie, interpretato da Jack Gore, avuto dal primo matrimonio di lei, che cerca di sfuggire alle sue sofferenze in famiglia rifugiandosi nel cinema – l’unico che può trasmettergli un po’ di vitalità – e dando fuoco ad ogni cosa, finendo così più volte da una psicologa. Non manca poi Carolina, figlia di Humpty. Juno Temple interpreta una giovane ribelle in fuga dal matrimonio fallito con un gangster. Decide quindi di nascondersi dal padre che anni prima l’aveva ripudiata, ma che poi decide di accettarla e addirittura viziarla.
Nel film di Allen vi è anche un collegamento chiarissimo fra teatro e ribalta: con la famosa opera shakespeariana di Amleto vediamo spesso Justin Timberlake che sogna, un giorno, di poter dedicarsi alla drammaturgia. Anche l’apertura del film, con il bagnino che comunica direttamente con lo spettatore, rimanda alle prime tecniche teatrali del passato. Altresì il monologo finale di Winslet in abiti teatrali è un costante riferimento al palcoscenico. L’unico ruolo che ormai ha il diritto di recitare è proprio quello di una semplice cameriera.
Regia, attori e fotografia si completano in modo perfetto. Un film efficace ed immediato, con moltissimi riferimenti ai lungometraggi passati di Allen, la Coney Island di “Io e Annie” in primo luogo, ma che merita, tra le altre cose, per la fotografia impressionante di Storaro e per l’opposizione tra sogno e realtà che si viene a creare.
Claudia Brizzi